pdl bernalda popolo della libertà bernalda matera pdl bernalda metaponto politica bernalda: WALTER VA ALLA GUERRA di Gianni Baget Bozzo

mercoledì 26 novembre 2008

WALTER VA ALLA GUERRA di Gianni Baget Bozzo

«Dialogo» è una parola ecclesiastica e non ha corso in politica. In politica esistono l'intesa e l'incontro oppure la rottura e lo scontro. E tra maggioranza e opposizione prevale lo scontro. L'intesa è impossibile. La sinistra non può rinunciare all'antiberlusconismo, non può rinunciare alla delegittimazione dell'avversario, non può rinunciare a porsi come partito rivoluzionario e, da quando è finita la rivoluzione, come partito morale. E questo significa che l'avversario è peggio che reazionario: è immorale. Così è accaduto che la lotta contro Silvio Berlusconi è stata anche più grave di quella contro la Dc. Rimane quindi la forma del partito rivoluzionario, aggiornata e peggiorata da Enrico Berlinguer. La sinistra è rimasta alla scelta del 1993: con Antonio Di Pietro e contro i socialisti.
Sembrava chiara la svolta di Walter Veltroni come segretario del Pd: aveva scelto i confini a sinistra, rifiutava l'Unione, voleva essere riformista. La campagna elettorale fu fatta con toni pacati, salvo che nella girandola finale. Sembrava che i tempi fossero maturi per un consolato Berlusconi-Veltroni. Almeno per riforme condivise: un dissenso politico fondato su un consenso istituzionale. Era la linea pensata da Massimo D'Alema con la Bicamerale. Ma allora D'Alema ci lasciò le penne, sia come presidente della Bicamerale sia come presidente del Consiglio.
Veltroni rifiutò ai socialisti l'alleanza con il Pd e la concesse a Di Pietro. Fu la giornata degli imbrogli, perché Di Pietro promise a Veltroni che l'Italia dei Valori avrebbe fatto gruppo unico con il Pd e poi, visto che il vento per lui aveva soffiato bene, decise di fare il suo partito giustizialista. Veltroni perse tutto in un colpo solo. E i più succubi dell'imbroglio furono coloro che lo avversavano, cioè D'Alema e Marini, tutti contrari all'uomo della procura milanese. Perché i democristiani di sinistra e i postcomunisti abbiano ceduto a Veltroni su questo punto sembra incomprensibile. Ma gli uni rimanevano democristiani di sinistra e gli altri comunisti: l'avversione ai socialisti faceva parte del loro patrimonio genetico. E così loro furono i veri imbrogliati, non Veltroni, che ora presenta al posto di Ottaviano Del Turco, socialista inquisito per corruzione, l'uomo di Di Pietro, ripetendo così la saga del 1993.
Nella crisi del sistema capitalistico ci vorrebbe una sinistra moderata, ma non c'è. Tutto rimane sulle spalle di Berlusconi e del centrodestra.
(da Panorama del 21 novembre 2008)

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