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lunedì 19 gennaio 2009

LUCIA; MICHELE e le due SINISTRE di Gianteo Bordero

Lucia Annunziata che litiga con Michele Santoro, prende su e se ne va da Annozero è davvero un caso unico nella storia del giornalismo televisivo italiano. Certo, avevamo avuto - solo per restare ai tempi recenti - Silvio Berlusconi che, nell'infuocata campagna elettorale del 2006, abbandonò - nemesi della storia - il programma della stessa Annunziata, In mezz'ora; e poi Clemente Mastella, stavolta ancora da Santoro, che furibondo aveva alzato i tacchi per una trasmissione a senso unico contro la Chiesa cattolica.
Ma lo scontro tra Lucia e Michele, che rappresentano, ciascuno a suo modo, quasi due icone del giornalismo di sinistra in Italia, deve davvero far riflettere. Annunziata e Santoro fanno opinione e, a volte, persino tendenza. Spesso si rivolgono a pubblici e a sensibilità diverse. Ma nell'immaginario collettivo del cosiddetto «cittadino medio» finiscono per essere accomunati da un unico destino: quello di rappresentare la sinistra in tv. Lo scontro tra i due, dunque, fa davvero rumore. E travalica i confini del tubo catodico, finendo per portare con sé anche strascichi politici. Perché Lucia e Michele hanno mostrato, anche plasticamente, che il luogo comune che li vuole «unica voce dell'unica sinistra» va oggi aggiornato: sono, in realtà, due voci diverse di due diverse sinistre. Due voci che, in quanto di orgogliosamente e visceralmente di sinistra, ciascuna convinta di rappresentare la vera gauche nostrana, non potevano che finire prima o poi ai ferri corti. E lo scontro non poteva essere all'acqua di rose.
Lucia la raffinata che dirige Aspenia, la rivista dell'Aspen Institute Italia il cui presidente è nientepopodimeno che il ministro Giulio Tremonti; Lucia editorialista de La Stampa, dalle cui pagine lancia fendenti anche contro quella parte della sinistra meno aperta al cambiamento; Lucia conduttrice di un programma-colloquio, un faccia a faccia che va in onda alle 14 e 30 passate su Rai 3 nel giorno festivo e che solo un pubblico molto affezionato può decidere di guardare posticipando di mezzo'ora la passeggiata o la gita della domenica pomeriggio. Michele, invece, è il condottiero della prima serata, quello del grande pubblico, degli inviati sul campo, dei servizi «impolverati» dalle fabbriche o dai campi di battaglia; quello della guerra santa contro la Casta; quelle delle inchieste contro i potenti; quello della crociata pro-magistrati.
Entrambi faziosi, con la differenza che spesso lei dissimula, mentre lui non fa nulla per nascondere la sua partigianeria per questa o per quella causa. Entrambi testardi, non potevano prima o poi prendersi a capocciate. Che questo sia accaduto sul tema della guerra nella Striscia di Gaza e del rapporto tra Israele e Palestina, argomenti che toccano le corde più profonde dell'intellighenzia gauchista, dà ancor di più il senso della distanza tra i due e, con loro, della distanza tra le sinistre che essi rappresentano. Da una parte una sinistra riformista che guarda realisticamente alla complessità degli eventi e che, dopo aver abbandonato l'antico atteggiamento di ostilità del Pci nei confronti di Israele, comprende anche le ragioni dello Stato ebraico ed è pronta a sostenerle, come ha fatto pubblicamente qualche giorno fa Piero Fassino; dall'altra parte una sinistra ancora legata mani e piedi al suo passato, alla scelta terzomondista di Berlinguer, alla considerazione di Israele come parte dello schieramento «imperialista» e per ciò stesso guerrafondaio, sfruttatore e colonialista.
Quale di queste due sinistre sia oggi prevalente è presto detto. Lo si capisce non soltanto dall'audience di Santoro, ma anche dalla scelta di cinque deputati del Partito Democratico di non partecipare alla manifestazione pro-Israele organizzata mercoledì sera davanti a Montecitorio: tale partecipazione - a detta degli onorevoli democratici - avrebbe potuto dare adito al pensiero di un loro sostegno acritico all'intervento israeliano a Gaza. Per questo, Lucia l'amica di Israele costretta ad abbandonare gli studi Rai per l'aggressione verbale di Michele il partigiano palestinese è un po' anche l'icona della sinistra che, nella lotta tra due visioni del mondo sempre più distinte e distanti, è destinata a soccombere.

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