pdl bernalda popolo della libertà bernalda matera pdl bernalda metaponto politica bernalda: LA TANGENTOPOLI DI CHI FU SALVATO LA PRIMA VOLTA

martedì 9 dicembre 2008

LA TANGENTOPOLI DI CHI FU SALVATO LA PRIMA VOLTA

Il sindaco di Firenze Leonardo Domenici che va a Roma ad incatenarsi davanti alla sede dell’Espresso e di Repubblica per protesta contro le inchieste che mettono sotto accusa il malaffare delle giunte rosse. Il Consiglio superiore della Magistratura alle prese con l’ultima delle guerre per bande tra procure, quella tra Catanzaro e Salerno, guerre che toccano anche in questo caso gli intrighi di due regioni amministrate dalla sinistra; e se la cava sospendendo salomonicamente sia il capo della Procura di Salerno sia il procuratore generale di Catanzaro. Che cosa sta succedendo? Forse la risposta giusta la dà Agostino Cordova, negli anni Novanta magistrato di punta in Campania, uomo indipendente e per questo isolato e trasferito dal Csm: “E’ la Tangentopoli – dice Cordova – di chi fu salvato la prima volta”.
· Pd: la questione morale c’è. In questo intreccio politico-giudiziario-mediatico c’è di tutto. Ma nulla sarebbe accaduto se non fosse esplosa la mala amministrazione delle giunte di sinistra in quasi ogni angolo d’Italia. Intrecci affaristici che il centrodestra denuncia da tempo, ma che ora sono finiti nel mirino di un giornale di sinistra, L’Espresso, e di una magistratura che in passato li aveva sempre coperti. E questo sta facendo impazzire il Pd, dal vertice alla periferia. “Nella sinistra c’è una evidente questione morale” dice Silvio Berlusconi. “Non esiste, non può dirlo lui” replica Dario Franceschini, numero due di Veltroni. Proprio nelle stesse ore in cui il suo capo – Veltroni – cerca di far dimettere gli amministratori a lui ostili, come Bassolino in Campania, e solidarizza con quelli più vicini, come Domenici e la Jervolino. Inascoltato da entrambi. Come si può dire che non esiste una questione morale? La difesa di Franceschini e di altri come lui è ormai da ultima spiaggia.
· Giustizia: siamo all’emergenza. La questione morale del Pd, dei suoi amministratori locali e dei suoi dirigenti nazionali che non sono più in grado di controllarla, non può però adombrare l’altra faccia della medaglia: l’emergenza giudiziaria. Se oggi, come dice Cordova, le procure indagano le giunte rosse è perché le hanno salvate quindici anni fa. Se le procure intervengono contro altre procure è perché la lottizzazione e la mancanza di ogni regola cala dall’alto verso il basso trasformandosi in guerra per bande. E, così come il Pd non riesce più a farsi sentire dai suoi dirigenti periferici, il Csm non riesce a controllare i suoi procuratori.
· Saltano i referenti. Perché tutto ciò proprio adesso? Semplice: da Tangentopoli in poi la magistratura ha sempre trovato nella sinistra ex comunista una salda sponda politica. Che l’ha messa al riparo da ogni riforma, garantendo privilegi e carriere in nome dell’autonomia, e ricevendo in cambio l’immunità nelle inchieste. Oggi questa sponda si è indebolita; dal governo Prodi in avanti non è in grado di garantire più nulla. La sua presa sulla società si sta sfarinando, e così mentre crolla il consenso elettorale della sinistra va a picco anche la credibilità della magistratura. Il terzo attore di questa rappresentazione che ha tenuto banco per lunghi anni, la stampa fiancheggiatrice pronta a squadernare intercettazioni a senso unico, è andata egualmente fuori controllo. Non per garantismo e rispetto della deontologia, ma perché è saltata quell’apparato ben rodato della regìa unica.
· I carnefici si trasformano in vittime. La scena di Leonardo Domenici incatenato davanti alla sede di Repubblica è la somma di tutto questo. La sinistra che oggi finisce sotto inchiesta e sotto intercettazione non accetta di subire quel trattamento inflitto per anni agli avversari, con il suo compiacente assenso. Non è in discussione, almeno per ora, l’estraneità o meno del sindaco di Firenze ai fatti contestati alla sua giunta: ciò che conta sono la sorpresa e la disperazione che hanno mosso Domenici. Il Pd sente d’improvviso aprirsi la terra sotto i piedi, e se la debolezza politica è storia già vecchia, la novità è il venire meno delle garanzie e delle connivenze giudiziarie e mediatiche.
· Veltroni non è Moro. Di fronte a tutto questo, il Pd annuncia di non volersi far processare sulle piazze. E’ la famosa frase con cui Aldo Moro si rivolse al Parlamento nel 1977, all’epoca dello scandalo Lockheed. Ma Veltroni non è Moro, la Dc di allora (che pure doveva subire l’assassinio del suo leader da parte delle Br) sopravvisse e governò per altri 15 anni. Che prospettiva ha oggi il Partito democratico? Che capacità di governo?
· La riforma va fatta. Moro comunque si presentò in Parlamento. Veltroni rifiuta di confrontarsi con la maggioranza sull’unica cosa da fare adesso, non per salvare il suo partito ma per ripristinare la giustizia in Italia: la riforma della magistratura. Anzi, in Parlamento il Pd ha finora fatto catenaccio contro qualsiasi ipotesi riformista, appellandosi al solito alla “società civile” per come la intendono loro: talk show e giornali amici. Ancora sicuri, probabilmente, di poter godere di un trattamento di favore dalle procure; non accorgendosi che il tempo era scaduto.
· Cambiare il Csm e le carriere. I due pilastri della proposta del centrodestra riguardano la separazione delle carriere dei magistrati tra inquirenti e giudicanti (com’è in ogni paese civile), e la riforma del Csm per sottrarlo alla partitocrazia. Mai come in questi giorni si vede come ci sia bisogno di una riforma del genere: e non certo per mettere al riparo maggioranza ed opposizione dalle intrusioni della magistratura, ma per restituire ai cittadini una giustizia degna di tale nome.
· L’imbarazzo di Napolitano. La riforma è urgente anche per mettere al riparo la credibilità del Quirinale, che anche in questa vicenda si è mosso da autorità di garanzia, ma che non può continuare a tappare la diga con le dita di una mano. Il presidente della Repubblica chiede, com’è suo dovere, una riforma condivisa: giusto, ma manca all’appello il Pd. Come al solito.
· La riforma non per salverà la sinistra. Sia chiaro: la riforma della magistratura non salverà e non assolverà il Partito democratico dalla sua questione morale. Non è questo l’obiettivo, e non sarebbe ovviamente giusto. Servirà però a proprio campo, ad isolare le responsabilità di assessori e dirigenti democratici dai polveroni giudiziari. E forse ripristinare la divisione tra giustizia e politica, a tenere ognuno nel a restituire a Veltroni, o a chi per lui, un po’ di quella leadership necessaria a guidare l’opposizione.

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